Protagonista della transizionedi Francesca Zarri
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Sostenibilità

Protagonista della transizione

di Francesca Zarri

Il ruolo dell’innovazione tecnologica per affrontare concretamente il “trilemma” dell’energia, cioè la necessità di tenere assieme sostenibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e accessibilità economica per prodotti e servizi energetici

15 min

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ono due le angolazioni che voglio adottare per riflettere sul ruolo dell’innovazione tecnologica nella transizione energetica, una transizione che Eni intende nella accezione più nobile di “just transition” cioè sostenibile, socialmente ed economicamente equa. La prima angolazione è proprio quella di Eni, società impegnata in una profonda trasformazione. La seconda è quella internazionale, che coinvolge il settore energetico, con implicazioni che, mai come oggi, stanno diventando evidenti nella vita di noi tutti.

La nostra società è impegnata in un progetto di cambiamento molto profondo che nasce dalla consapevolezza della responsabilità nell’essere esempio di attenzione e ascolto delle diverse istanze su temi energetici sollevate dalle comunità che ci ospitano e dagli interlocutori con i quali interagiamo.

La parola “responsabilità” sarà ricorrente in questa riflessione perché è indissolubilmente legata al ruolo di Eni come soggetto in grado di creare valore a tutto tondo, non solamente finanziario, con un approccio di “transizione inclusiva”. Inclusività e capacità di innovare processi e tecnologie sono da sempre la nostra cifra distintiva.

Ecco allora che risulta chiaro come Eni, per affrontare in modo concreto il “trilemma” dell’energia, cioè la necessità di tenere assieme sostenibilità, sicurezza degli approvvigionamenti e accessibilità economica per prodotti e servizi energetici, abbia scelto la strada dell’innovazione tecnologica e digitale, vero strumento di trasformazione che aiuta a rispondere alle sfide e ad essere “resilienti” nel panorama attuale e, prevedibilmente, futuro, caratterizzato da crescente incertezza geopolitica e regolatoria e in continua trasformazione.

Questa scelta è in grado di mantenerci stabilmente e credibilmente sul percorso “net zero” che ci siamo imposti e di rimanere fedeli al quadro strategico costruito dalla nostra Mission e dalla visione del nostro top management.

La capacità di innovare ci consente di “re-inventarci” senza perdere solidità e mantenendo la nostra identità di industria italiana, riconosciuta nel mondo per le proprie eccellenze, rappresentando anche un possibile modello e un motore di cambiamento per interi settori industriali del nostro Paese.

 

la fotoVista aerea del Tokamak, l’installazione realizzata da Carlo Ratti Associati e dall’architetto Italo Rota insieme ad Eni. 

 

L’approccio di Eni alla tecnologia e i suoi riflessi

Eni ha grandi capacità di ideazione e di sviluppo di tecnologie al proprio interno; questo vale innanzitutto per tecnologie “incrementali”, come quelle che stanno rendendo sempre più efficienti e sostenibili le nostre attività di esplorazione e produzione in ambito tradizionale, sempre più gas-oriented, come previsto dalla nostra strategia.

La forza della nostra spinta innovativa va però ben al di là del migliorare processi e prodotti già esistenti, per estendersi al dominio della “disruption”, del cambiamento netto di paradigma industriale e traiettorie di business.

In sintesi, Eni persegue tre “gradi” di innovazione: “incrementale”, che innova e migliora processi tradizionali; “disruptive”, che modifica radicalmente processi o prodotti esistenti, per creare nuovi modelli di business sostenibili; “breakthrough”, che ha il potenziale di migliorare drasticamente il paradigma energetico complessivo.

 

Un esempio di approccio “disruptive”, le bio-raffinerie

Le nostre tecnologie sono alla base della conversione in bioraffinerie degli impianti di Gela e Venezia e di quanto ci apprestiamo a realizzare in quella di Livorno; il nostro primato mondiale nel processo di profondo cambiamento del modo stesso di produrre combustibili, in un’ottica di decarbonizzazione, non è però esclusivamente tecnologico.

Le tecnologie si innestano su un costrutto di filiera molto più articolato e complesso, con il quale Eni intende creare una catena del valore resiliente e sostenibile per il bio-feedstock che alimenterà in maniera crescente i nostri impianti, contribuendo all’abbandono dell’utilizzo dell’olio di palma già dal 2023.

Per costruire questa filiera dobbiamo: sviluppare nuove competenze, come quelle agricole, all’interno delle nostre strutture; interagire con le comunità che lavoreranno i terreni; esprimere abilità di project management e di scale-up industriale che arricchiscono sia le nostre persone sia i nostri referenti locali, con cui condividiamo sforzo creativo e visione.

L’esempio del Kenya, dove a luglio 2022 è partita la produzione di bio-feedstock dal primo “agri-hub”, a un solo anno dalla firma del MoU tra Eni e governo, mostra la capacità di passare rapidamente dalla sperimentazione di un’idea alla sua applicazione, con benefici per la sostenibilità dei nostri prodotti, ma anche per migliorare le condizioni economiche e sociali di migliaia di persone che collaborano localmente con Eni.

 

la fotoAzienda agricola Marula, nella contea di Naivasha in Kenya. 

 

La fusione, un vero e proprio “breakthrough”

Ma si può andare oltre; si può arrivare davvero al breakthrough, alla discontinuità che ha il potenziale di cambiare per sempre il paradigma energetico.

Nella nostra strategia consideriamo un plus l’eventuale avvento di queste tecnologie, perché non vogliamo affidarci ad esse come ad una panacea; allo stesso tempo lavoriamo perché esse prendano forma e, grazie al nostro approccio industriale, possano materializzarsi in un orizzonte di tempo ravvicinato rispetto a quanto finora generalmente accettato.

È il caso della fusione a confinamento magnetico, sulla quale stiamo lavorando sia direttamente, con ricercatori e ricercatrici Eni, assieme ad eccellenze nazionali e internazionali come CNR, ENEA e MIT di Boston, sia “iniettando” la nostra esperienza di progetti ad alta complessità e la nostra visione di filiera nella società Commonwealth Fusion Systems (CFS), lo spin-out del MIT, in cui siamo investitori dal 2018 e con cui collaboriamo con un approccio ben più articolato ed “innervato” alla loro visione e alle loro attività di quanto normalmente accade per un partner che sia solamente finanziario.

La fusione a confinamento magnetico promette una vera rivoluzione in campo energetico perché, una volta sviluppata a livello industriale, permetterebbe di avere a disposizione una fonte di energia pulita, sicura e virtualmente illimitata, sfruttando un processo fisico analogo a quello che tiene accese le stelle.

La fusione è però molto difficile da replicare sulla Terra: secondo la comunità scientifica, rappresenta una delle più grandi sfide tecnologiche che l’umanità abbia mai affrontato e coinvolge diverse discipline e campi di ricerca.

Nel corso degli ultimi anni, a fianco di programmi internazionali finanziati dai governi, come ITER, si stanno muovendo numerosi soggetti privati, che intendono arrivare alla fusione con metodi e tempistiche differenti da quelli dei programmi “storici”.

CFS prevede di costruire e testare entro il 2025 il primo impianto pilota (SPARC) che farà da banco di prova per lo sviluppo di ARC: il primo impianto a fusione su scala industriale in grado di immettere in rete elettricità a zero emissioni di CO2, la cui realizzazione è prevista all’inizio degli anni Trenta.

Eni è stata la prima società energetica a credere nella fusione, investendo in CFS, ma soprattutto, inquadrando il proprio lavoro in un “programma”, che comprende anche la collaborazione con ENEA sul reattore sperimentale DTT che verrà realizzato a Frascati e quella con CNR e MIT, per studiare vari aspetti propedeutici al processo di fusione.

Il lavoro sulla fusione è una preziosa occasione di crescita per le persone Eni coinvolte e per tutti coloro con i quali interagiamo. Nella fusione portiamo la nostra visione industriale, secondo la quale la ricerca non deve rimanere mai fine a sé stessa, ma arrivare rapidamente “sul mercato”, perché la transizione energetica impone velocità ed incisività.

 

Il supercalcolo, un grande “abilitatore”

Per Eni, l’innovazione digitale gioca un ruolo decisivo; il digitale infatti consente di fare collegamenti e condivisioni di dati con una facilità e capillarità fino a poco tempo fa impensabili; questo agevola l’innovazione, aiutandoci ad avere gli strumenti giusti per la nostra transizione energetica.

Le tecnologie digitali, se applicate in un quadro di riprogettazione di processi e prodotti, possono semplificare tali processi e migliorare l’efficienza delle nostre operazioni, contribuendo ad un’attenta gestione delle risorse e al miglioramento generale del nostro profilo di sostenibilità.

Ricordiamo che la IEA definisce l’efficienza energetica come “il primo combustibile” per la transizione, con un contributo previsto di ben il 30 percento sul mix primario mondiale già al 2030, nel suo scenario Net Zero. Per la IEA, l’efficienza energetica è fondamentale in quanto fornisce alcune delle opzioni di mitigazione della CO2 più rapide ed economiche, riducendo al contempo le bollette e rafforzando la sicurezza energetica.

Eni può fare affidamento sui suoi strumenti digitali sia per le attività tradizionali sia per i business innovativi, contando su un grande “abilitatore”, il supercalcolo, reso possibile da HPC4 e HPC5, i supercomputer ospitati nel nostro Green Data Center di Ferrera Erbognone. Ma nel settore del supercalcolo ora vogliamo spostare più in alto l’asticella: stiamo studiando possibili applicazioni del calcolo quantistico con diverse iniziative, tra le quali spicca il nostro investimento in Pasqal, società ora nota al grande pubblico per l’attribuzione del Nobel per la Fisica 2022 ad Alain Aspect, uno dei co-fondatori.

Nel campo del digitale Eni collabora anche con diverse associazioni in ottica di co-innovazione (CINECA, IFAB, COTEC) e continua ad alimentare importanti sinergie a livello Paese e UE per catalizzare idee, competenze, innovazioni. 

In tale ottica, partecipiamo al Centro Nazionale High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, uno dei cinque Centri Nazionali previsti dal PNRR.

 

Le persone: attori dell’innovazione

Nel progetto di trasformazione di Eni, guidato da ricerca e innovazione, i veri protagonisti sono e rimangono le nostre persone. La capacità di dialogo tra esperienze, percorsi lavorativi e generazioni differenti è un’enorme ricchezza, che l’organizzazione della nostra società favorisce fortemente.

L’innovazione passa attraverso la curiosità che nasce dalle competenze e dal desiderio di andare oltre; il nostro management ha quindi la responsabilità di valorizzare gli sforzi di tutti, senza temerne la spinta al cambiamento.

L’innovazione è l’essenza stessa dei nostri processi e continuiamo a perseguirla al nostro interno, ma allo stesso tempo siamo sempre più aperti all’esterno e per coglierne gli stimoli migliori ci siamo dati una organizzazione completa e flessibile.

 

Il dialogo con l’esterno e gli ecosistemi dell’innovazione

Coniugare le nostre capacità interne di ricerca e innovazione con la collaborazione con il mondo universitario e istituzioni di primaria rilevanza è una scelta che rafforza la concretezza del nostro percorso di innovazione.

Per questo abbiamo iniziato a inserire progetti di centri di ricerca congiunti nei recenti accordi siglati con eccellenze accademiche come Politecnico di Milano, Università di Padova, Università di Bologna e Università Bicocca.

Il dialogo con l’esterno avviene anche attraverso processi di Open Innovation per il monitoraggio di giovani talenti e start up innovative.

Per questo abbiamo Joule, la scuola di impresa per la crescita di nuove start up; Eninext, il CVC che investe in start up ad alto potenziale per tecnologie game-changer; Eniverse, il CVB che sostiene e concretizza anche la outbound innovation; la New Energy One Acquisition Corporation, la nostra SPAC quotata a Londra per raccogliere capitali da investire in iniziative innovative nella fase di scale up. Con l’outpost a San Francisco abbiamo poi attivato una “antenna” su tendenze e protagonisti di high-tech, fin-tech e deep-tech in una delle aree più feconde per l’innovazione.

 

la fotoFrutti di ricino coltivati presso l’azienda agricola SK AGRI farm di Boulankio, provincia di Pool, in Congo. 

 

La prospettiva internazionale

Le attività di Eni si collocano in un contesto internazionale nel quale reinterpretiamo il nostro ruolo da società dell’energia a Tech Company, in un panorama segnato da un desiderio di “discontinuità” rispetto al mondo del fossile. 

Questa discontinuità, invocata da più parti, non pone sufficiente attenzione al contesto e alla complessità, se non all’impossibilità, di decarbonizzare l’energia solo attraverso l’uso massiccio delle rinnovabili.

La realtà, purtroppo, ci ha recentemente presentato il conto.

Oggi, a fronte di due eventi epocali come pandemia e guerra, accanto all’istanza della decarbonizzazione abbiamo l’urgenza di dare risposte alla crisi energetica mondiale ed europea in particolare.

Dovrebbe risultare ormai evidente a tutti, che la sfida della transizione energetica si gioca su un delicato equilibrio di “dissolvenza” del vecchio verso il nuovo, sorretto da una dinamica degli investimenti estremamente complessa.

In un quadro così articolato, le società del nostro settore, come ha fatto Eni, devono diventare società technology-driven, per fornire un portafoglio dell’innovazione con strumenti per affrontare in maniera equilibrata decarbonizzazione ed emergenza energetica.

Il nostro settore ha la responsabilità di supportare la transizione energetica nell’attuale emergenza perché ha in sé esperienza, capacità, solidità finanziaria e spinta innovativa per governare questa delicatissima fase.

Le grandi società dell’energia si muovono però dentro un enorme paradosso: da un lato, sono ritenute da larghi strati dell’opinione pubblica e della politica come parte del problema, dall’altro, sono considerate soggetti protagonisti nel definire e perseguire il percorso della transizione globale, poiché posseggono le leve dell’innovazione, abilitante la trasformazione, e la capacità industriale per renderla concreta, mantenendo la continuità necessaria dei sistemi energetici.

Risolvere questo paradosso è il prerequisito affinché vengano finalmente valorizzate in modo “laico” (senza preclusioni ideologiche) le loro proposte di soluzione alle questioni energetiche ed ambientali.

Continuare a investire in ricerca, innovazione e tecnologie è la strada maestra, se non l’unica, per affrontare con successo il trilemma energetico, che continuerà ad accompagnarci ancora a lungo.