La sfida del 2023di Mario Sechi
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Geopolitica

La sfida del 2023

di Mario Sechi

Viviamo uno shock multiplo, il mondo dell'immaginario è in rotta di collisione con quello reale, materiale. Un viaggio nel futuro che è adesso

6 min

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are previsioni è il modo più veloce e sicuro per essere smentiti dalla storia, ma è un esercizio al quale non possiamo sottrarci, per vocazione che coincide (è una gran fortuna) con il mestiere. Questo numero di WE è dunque una collezione di scenari sul 2023 e quello che verrà (forse) nei prossimi decenni. Opera da Prometeo e fatica di Sisifo (la forza dei miti greci, ecco una cosa che non muore), questo viaggio nel prossimo futuro (oggi e domani) è un’occasione per ritornare su alcune lezioni del nostro tempo, sono note personali, appunti sul taccuino del cronista.

 

Abbiamo vissuto uno shock multiplo, una sequenza di eventi che hanno visto la collisione di due mondi: il materiale e l’immaginario. L’immaginario ha dominato gli ultimi dieci anni, spinto dalla digitalizzazione, dall’idea che ogni ‘cosa’ fosse riducibile a puro dato e immagine, codificata in bit e pixel. L’ascesa dei titani della Silicon Valley, la metamorfosi dell’economia in ‘discorso computerizzato’, hanno guidato i ‘bisogni’ e i corsi azionari. Tutto è diventato opinione volatile, settori vitali della produzione sono stati etichettati come ‘old economy’, pronti all’archiviazione nel cloud delle sorti progressive dei server e dell’algoritmo. L’eliminazione della ‘fisicità’, delle cose, delle molecole, è stato il mantra, il risultato è stato l’esplosione della domanda di prodotti digitali, connessioni e punti d’accesso senza uscita.

 

Questo mondo nel 2022 è imploso: sta accadendo sotto i nostri occhi, la Grande Noia è arrivata. I corsi azionari delle Big Tech sono in caduta libera, la pandemia ha rappresentato il loro picco e la loro fine. Per proseguire la marcia devono ‘inventare’, in maniera compulsiva, nuovi bisogni immateriali, dirottare i desideri, ma sono giunti al livello di saturazione e il prossimo passo per loro è attingere all’officina del biotech in una sceneggiatura che s’avvicina sempre più alla distopia.

L'illusione del pixel e del byte per l'eternità è finita con l'arrivo della Grande Noia. I corsi azionari delle Big Tech sono crollati, migliaia di licenziamenti sono partiti. E non si torna più indietro. Tra la molecola e l'elettrone ha vinto la molecola

La grande scoperta è arrivata mentre l’alienazione toccava l’acme dell’aperitivo su Zoom: abbiamo bisogno di movimento, di spazio, di materie prime, di energia, di contatto, di vita che si esprime nella fisicità. In un perfetto paradosso da romanzo, la crisi dei semiconduttori ha rivelato il corto-circuito della contemporaneità, senza la tavoletta di silicio, il cuore e il cervello della nostra società non funzionano. La realtà ha cominciato a bussare alla porta proprio nel territorio di chi aveva pensato di levigarla, eliminarla con la felicità del metaverso. La rivincita dell’hardware sul software.

 

Il secondo passaggio del ritorno sulla Terra è arrivato con la fine dei lockdown: la produzione è ripartita a razzo, le aspettative sono diventate esponenziali, i sussidi e le politiche monetarie hanno spinto i prezzi, la domanda (e la scarsità, principio economico dimenticato) di idrocarburi ha ricordato ai governanti che le economie dei paesi avanzati (e non) funzionano con il petrolio, il gas, la benzina e il diesel. La realtà, puntuale, onesta, inesorabile. Così la Germania ha riacceso le centrali a carbone e il Giappone riavviato il suo programma per la produzione di energia nucleare. Tutti i governi sono a caccia di idrocarburi dopo averne predicato la fine e indotto uno stop globale degli investimenti. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha detto che “è finita l’era dell’abbondanza”, anche questa affermazione potrebbe rivelarsi sbagliata (per eccesso o per difetto, leggere la storia dell’ascesa e caduta dell’impero romano), in ogni caso il 2022 è parte di un nuovo ciclo storico che è cominciato alla fine del 2019 quando in Cina, a Wuhan, comparve un agente invisibile, il nuovo coronavirus.

 

Siamo ancora dentro questa storia, la Cina in poche settimane è passata dalla politica Zero Covid alla riapertura delle frontiere, con un andamento dei contagi esponenziale, tanto da costringere il governo di Pechino ad annullare i bollettini quotidiani sull’epidemia. Nessuno può dire quali saranno gli esiti di questo esperimento sociale, Xi Jinping ha dovuto fare marcia indietro sui lockdown per evitare l’instabilità del paese di fronte alle manifestazioni di protesta e al crollo della produzione, ora deve affrontare la crisi sanitaria e i costi, ancora una volta, si ribalteranno anche sull’Occidente.

 

Il materiale, il corporeo, il reale, si è ripreso il suo dominio: con il rischio biologico, il cambiamento climatico (le miti temperature dell’inverno in Europa e il blizzard artico in America), la minaccia di una guerra nucleare, mai così concreta dai tempi della crisi dei missili di Cuba del 1962. Sul calendario dell’Europa nel 2022 c’è un Natale di guerra, pochi lo ricordano.

 

Accettare la sfida del 2023 significa studiare questi fenomeni, abbandonare schemi che si sono già rivelati fallimentari (e pericolosi), aprire la mente, non farsi accecare dagli -ismi che hanno prodotto giganteschi abbagli. Sì, è finita un’era. Non è quella dell’abbondanza, è quella degli illusionisti.