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egli ultimi anni la scena internazionale ha subìto profondi cambiamenti e si è caratterizzata in particolare per una crescente concorrenza in diversi settori (energia, commercio, difesa). Sicuramente le dinamiche geopolitiche influenzano il cambiamento climatico, ma è vero anche l’opposto. Un esempio lampante è quello della regione artica, dove il trinomio clima-sicurezza-energia invita gli attori coinvolti a cercare nuove strategie e visioni. Al momento, nella regione le temperature salgono quattro volte più velocemente che nel resto del mondo. Questo fenomeno drastico ha conseguenze importanti sul fronte geopolitico ed economico, ma anche sul piano della sicurezza e della governance di quest’area, poiché il tradizionale approccio collaborativo in essere dalla fine della Guerra Fredda lascia ormai sempre più spazio allo scontro e alla competizione. Lo scioglimento dei ghiacci artici apre infatti nuovi scenari con nuovi attori che si contendono il controllo delle materie prime e delle rotte di navigazione. La dotazione di risorse dell’Artico è cosa nota sin dal 2008, quando il Servizio geologico degli Stati Uniti (USGS) valutò che “le estese piattaforme continentali artiche potrebbero costituire la più vasta area geografica ancora inesplorata per il petrolio rimasta sulla Terra”.
Più precisamente, si stima che in questa regione si trovi il 13 percento del petrolio non ancora scoperto e il 30 percento del gas. Nonostante questo potenziale enorme, le attività di sviluppo e sfruttamento avanzano lentamente a causa dei numerosi ostacoli che i paesi artici e le società del settore energetico devono affrontare. Gli operatori devono infatti sostenere elevati costi operativi e ingenti investimenti, difficoltà tecnologiche, condizioni ambientali estreme e delicate, un supporto politico intermittente e infrastrutture limitate.
Tra i paesi artici, la Russia è quello che si è impegnato maggiormente nello sviluppo delle proprie risorse e di fatto l’Artico ha una rilevanza crescente per la sua strategia di esportazione e per le sue mire nel segmento GNL. Si stima inoltre che l’Artico contenga anche importanti riserve di minerali critici, una materia prima indispensabile per le tecnologie digitali, militari e per l’energia pulita. Senza contare che un Artico libero dai ghiacci agevolerebbe lo sviluppo di tre nuove rotte marittime: il passaggio a nord est (Northern Sea Route, NSR) lungo le coste russe, il passaggio a nord ovest (North-West Passage, NWP) lungo la costa nordamericana e la rotta transpolare attraverso il Polo Nord. Queste rotte potrebbero accorciare i tempi di navigazione tra Europa, Asia e America settentrionale, aggirando colli di bottiglia trafficati (e talvolta poco sicuri). Ancora una volta, la Russia è in prima linea nello sviluppo della sua rotta, che è interconnessa con lo sfruttamento delle risorse e il commercio. Tali sviluppi hanno indotto paesi non artici, in particolare la Cina, a rafforzare la loro presenza nella regione attraverso investimenti, accordi politici e partnership scientifiche. Al contempo, lo scioglimento dei ghiacci e il riscaldamento globale costituiscono una seria minaccia per la sicurezza, la stabilità e l’ecosistema locali. Ad esempio, progetti e infrastrutture rischiano di diventare instabili a causa del disgelo del permafrost. Il contesto difficile incide sul ruolo degli attori principali, specialmente l’Unione europea (Ue) e la North Atlantic Treaty Organization (NATO), chiamate a trovare un equilibrio fra resilienza, gestione delle risorse e competizione strategica con player globali come Russia e Cina.
Le nuove dinamiche della sicurezza regionale costringono queste due organizzazioni a dedicare all’Artico un’attenzione sempre maggiore, come si evince dai documenti ufficiali e dalle politiche strategiche sfornati negli ultimi anni. Per quanto riguarda l’Ue, il primo documento strategico di una certa rilevanza risale al 2016. Si tratta della “Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio: Una politica integrata dell’Unione europea per l’Artico”, che delinea una strategia incentrata su tre aree chiave: sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale, cambiamenti climatici e salvaguardia dell’ambiente artico. Il documento fa parte di una serie di azioni diplomatiche e politiche che da tempo segnalano il crescente interesse di Bruxelles per la regione, esemplificato dal tentativo dell’Ue di ottenere lo status di osservatore permanente presso l’Arctic Council dal 2013.
La strategia artica dell’Ue è stata aggiornata nel 2021 con una nuova “Comunicazione congiunta”, che, pur mantenendo il focus su ambiente e risorse naturali, riconosce la crescente importanza della regione come arena di competizione geopolitica. Questo cambiamento si deve in particolare all’attivismo di stakeholder come la Russia e la Cina, che cercano di sfruttare le risorse naturali ed energetiche rese via via accessibili dallo scioglimento dei ghiacci. Tale aspetto è stato ulteriormente rafforzato dallo “Strategic Compass” pubblicato nel 2022 dopo l’invasione russa dell’Ucraina, in un contesto in cui la sicurezza e la difesa dell’Artico sono diventate parte integrante dei futuri scenari regionali.
La natura multidimensionale della sicurezza dell’Artico, che abbraccia aspetti commerciali, energetici e militari, suscita un forte interesse per la regione anche nella NATO. Prova ne siano i documenti ufficiali che riconoscono la necessità di una maggiore consapevolezza delle sfide regionali e di piani di deterrenza e difesa più ampi, come si afferma nel documento “NATO 2030: United for a New Era” pubblicato nel 2020. La guerra in Ucraina ha inevitabilmente accelerato la presa di posizione strategica della NATO. Con l’adesione di Finlandia e Svezia, innescata proprio dall’invasione russa dell’Ucraina, ora sette degli otto stati artici fanno parte dell’Alleanza. L’espansione delle capacità militari russe nella regione, il deterioramento delle relazioni con Mosca e la maggiore presenza della NATO nell’Artico hanno inoltre determinato un aumento delle esercitazioni militari. Queste esercitazioni, precedentemente condotte nell’ambito del Cold Response Exercise (ora Nordic Response), sono state caratterizzate da un aumento significativo in termini di risorse dispiegate e scenari esplorati dal 2022.
L’accesa competizione per l’Artico è ben esemplificata dal caso della Groenlandia, che mette in evidenza il potenziale energetico, le dinamiche di sicurezza e le problematiche che la regione deve affrontare per mantenere l’autonomia nonostante le pressioni esterne. Pur facendo parte della Danimarca, la Groenlandia gode di grande autonomia e aspira all’indipendenza, malgrado le numerose sfide socioeconomiche.
Nello scenario odierno, la Groenlandia ha acquisito una nuova rilevanza politica, soprattutto alla luce delle proposte del presidente statunitense Donald Trump, che vorrebbe annetterla agli Stati Uniti o quantomeno assumerne il controllo. Al di là delle considerazioni di carattere militare e strategico, il presidente USA mira soprattutto ad assicurarsi una fornitura di minerali critici, di cui la Groenlandia è particolarmente ricca, tra cui minerale di ferro, elementi di terre rare, uranio e altri ancora. In effetti, la Groenlandia possiede importanti riserve di 43 dei 50 “minerali critici” ritenuti essenziali per la sicurezza nazionale ed economica degli Stati Uniti.
Poiché il mondo ha ben chiaro il ruolo strategico della Cina nelle catene di approvvigionamento di minerali su scala globale, vari stati cercano di ridurre la loro dipendenza diversificando le fonti di approvvigionamento e le catene di valore. In effetti, la Cina ha rafforzato il suo ruolo nelle filiere minerarie tramite politiche industriali, aiuti finanziari, società statali e diplomazia mineraria. Gli Stati Uniti non sono quindi gli unici alla ricerca di diversificazione. Nel novembre 2023, l’Ue ha firmato un protocollo d’intesa con la Groenlandia per una partnership strategica tesa a sviluppare catene di valore sostenibili per le materie prime. In Groenlandia si trovano infatti 25 dei 34 minerali critici definiti dalla Commissione strategicamente importanti.
Per dare corpo alle loro aspirazioni, governi e aziende devono superare le enormi barriere che incidono sulla fattibilità economica dell’estrazione mineraria. La mancanza di infrastrutture e di capitale umano e gli alti costi operativi sono gli ostacoli principali all’estrazione mineraria, anche per le aziende cinesi. La Cina ha tentato di entrare nel settore minerario della Groenlandia negli anni 2010, ma con scarsi risultati. Ad esempio, Pechino si è impegnato in un progetto di estrazione di elementi di terre rare in Groenlandia che si è arenato in seguito al divieto di estrazione dell’uranio nel 2021. Inoltre, a causa del loro impatto ambientale, le attività estrattive devono ricevere la previa approvazione delle comunità locali. Le preoccupazioni ambientali e la limitata fattibilità economica interessano anche altre risorse naturali della Groenlandia, come gli idrocarburi. Secondo l’USGS, la Groenlandia possiede anche 7,5 miliardi di barili di petrolio non ancora scoperti e 148 mila miliardi di piedi cubi di gas naturale. Tuttavia, le attività di esplorazione sono state frenate da problematiche strutturali e nel 2021 sono state infine interrotte a causa di problemi climatici.
Infine, per via della sua posizione geografica, la Groenlandia può diventare un attore importante nel trasporto marittimo artico. A cavallo tra due rotte artiche (NSR e NWP), la grande isola potrebbe contribuire alla gestione dell’Oceano Artico, comprese le attività di emergenza, prevenzione e risposta, attirando investimenti e partnership.
La crescente importanza strategica dell’Artico, legata ai cambiamenti climatici e alle ambizioni di Russia e Cina, richiede una risposta cooperativa da parte dell’Ue e della NATO. Per l’Ue è fondamentale definire una politica coordinata e dedicata per la sicurezza artica che tenga conto dei vari interessi di Bruxelles nella regione, dalla sicurezza energetica alla protezione delle rotte commerciali e alla sostenibilità ambientale. In tale contesto, il futuro della governance regionale diventa una questione critica. L’isolamento diplomatico della Russia ha rallentato il lavoro dei principali organismi intergovernativi regionali, dall’Arctic Council al Barents Euro-Arctic Council. Se aspira a diventare un interlocutore politico di primo piano, l’Ue dovrebbe assumere un ruolo centrale nella ridefinizione dell’architettura della governance della regione, soprattutto perché il confronto strategico con la Russia sembra destinato a continuare ancora a lungo.
Considerando la modesta presenza militare dell’Ue nella regione e i vincoli di un approccio esclusivamente diplomatico e politico – quello finora perseguito da Bruxelles nel quadro della ramificata competizione strategica artica – occorre un coordinamento efficace con la NATO. L’Alleanza, a sua volta, deve adattare le proprie strategie alle nuove sfide dell’Artico, ricalibrando il proprio ruolo e la propria presenza nella regione e riconoscendo la varietà delle minacce alla sicurezza che richiedono una risposta globale. Bisogna assolutamente evitare la mera militarizzazione dell’Artico. Il cambiamento climatico, che agisce come moltiplicatore del rischio esacerbando le vulnerabilità presenti, non fa che sottolineare l’interconnessione fra sicurezza e fattori ambientali. Dato l’aumento della frequenza e della gravità degli impatti climatici, la NATO dovrebbe prepararsi meglio ad affrontare le criticità in termini di sicurezza climatica nella regione per essere in grado di raggiungere obiettivi strategici e operativi.
Inoltre, per far fronte alle sfide strategiche dell’Artico, dalle minacce concrete per la sicurezza alle questioni climatiche e ambientali, è necessaria una stretta collaborazione con le comunità locali. Queste popolazioni sono sempre più esposte agli effetti del cambiamento climatico e sono in prima linea nella gestione delle conseguenze della crescente competizione per le risorse della regione.
In prospettiva, la Groenlandia sarà un banco di prova cruciale per comprendere non solo la traiettoria futura delle dinamiche di sicurezza regionale, ma anche la potenziale sinergia tra l’Ue e la NATO nell’Artico. Le dichiarazioni aggressive del presidente Trump su questo territorio di un paese membro della NATO e alleato hanno segnato un episodio senza precedenti nell’ordine internazionale del secondo dopoguerra. Finora la Danimarca, l’Ue e la NATO hanno perseguito una strategia di de-escalation, evitando scontri retorici con Washington per prevenire ulteriori divisioni. Tuttavia, alla luce dell’importanza strategica della Groenlandia, della posizione adottata dall’amministrazione statunitense e del forte movimento locale per l’indipendenza, l’isola potrebbe tornare al centro dell’attenzione geopolitica. La Groenlandia incarna quindi le sfide e le contraddizioni dell’Artico, e questa situazione ricorda all’Ue l’urgenza di definire una politica artica chiara e aggiornata. Non dimentichiamo, infine, che la possibilità di un conflitto interno all’Alleanza atlantica – nel caso in cui le ambizioni di Washington dovessero prevalere su quelle di Copenaghen – evidenzia la necessità di ristabilire un quadro di riferimento per la governance regionale in grado di mitigare le tensioni e prevenire una corsa incontrollata alle risorse artiche, che andrebbe a discapito della sostenibilità ambientale e della stabilità politica internazionale.