di Francesco Gattei
L’uomo ha scoperto che anche il pensiero creativo può essere “esternalizzato”. Ma le intelligenze artificiali comportano una crescita del consumo di energia e di acqua esponenziale e per larga parte ancora completamente imprevedibile
L
a storia dell’umanità è una progressiva sequenza di “esternalizzazione” di attività biologiche. Con il fuoco abbiamo delegato alla fiamma parte del processo digestivo; questo ci ha consentito di liberare ore della giornata altrimenti destinate in maniera sonnolenta ad assorbire il cibo crudo (per comparazione si guardi ai tempi di riposo dei felini). Inoltre, le successive modifiche della mascella e del cranio hanno favorito lo sviluppo di nuove aree del cervello destinate alla creatività. Con le macchine della rivoluzione industriale abbiamo poi eseguito molte attività con strumenti idonei a rimpiazzare l’azione muscolare. Abbiamo anche imparato a fare cose nuove come volare e muoverci su mare e terra ad una velocità imbattibile per ogni essere vivente. E quindi moltiplicato i gesti e gli oggetti che soddisfano i nostri fabbisogni quotidiani.
L’uomo è un animale pigro che sta cercando da millenni la strada ottimale per aumentare il proprio tempo libero e la capacità produttiva. Facciamo meno fatica e consumiamo meno energia calorica, ma aumentiamo il consumo energetico degli oggetti che ci sostituiscono e sfruttiamo sempre più l’ambiente che ci circonda. Oggi ci muoviamo verso un ulteriore passo nel processo di rimpiazzo delle nostre fatiche: abbiamo scoperto che anche il pensiero può essere esternalizzato. Inizialmente la sola attività di calcolo (è almeno tre decenni che lo stiamo facendo con i computer) ma da qualche anno anche parte del pensiero creativo.
Le nuove intelligenze sono ancora in infanzia, ma sono già leader su tutta una serie di attività. Sono in grado di superare esami di neurochirurgia, di sommelier (senza la prova pratica sic!), dominano il trading borsistico, la logistica, scrivono articoli e compilano canzoni (inascoltabili) e film (inguardabili).
Negli scacchi sono 25 anni che ci sconfiggono, ma solo recentemente usano pensieri creativi
Si stanno esercitando a batterci a Diplomacy, un gioco da tavolo che richiede il dialogo e la persuasione tra i giocatori per stringere alleanze. Imparano da sole, attraverso lo sviluppo di reti neurali che procedono con continue simulazioni e la progressiva focalizzazione su contenuti chiave. GPT (Generative Pretrained Trasformer) è il più noto modello di intelligenza artificiale, che consente di costruire testi, rispondere a domande e produrre immagini. Nato ufficialmente nel 2017 è già arrivato alla quarta versione. Il sistema è stato sviluppato progressivamente attraverso autoapprendimento (pre-training) e fine tuning successivo con supporto umano. Ma questa attività ha un costo energetico enorme: le nuove macchine pensanti devono studiare ed affinarsi per essere utili. E poi sviluppano i loro percorsi logici durante la fase di utilizzo (inferenza). Le due fasi hanno intensità energetica differente: nella prima, come per un bambino, lo sforzo di apprendimento è faticoso.
Durante il pre-training tutto il focus è concentrato nelle CPU e TPU, cioè le computer processing unit e le tension processing unit. Il consumo per allenare la nuova intelligenza in tale fase può riguardare anche qualche centinaio di megawattora, pari a quello di una piccola città per qualche settimana. Durante l’inferenza, cioè quando l’intelligenza artificiale risponde alle domande dei propri utenti, il consumo è inferiore e limitato a CPU e GPU, cioè le unità grafiche che facilitano l’elaborazione degli algoritmi; resta comunque piuttosto elevato perché determinato da miliardi di informazioni che devono essere analizzate e selezionate. Oggi riguarda 1 milione di operazioni al giorno con un consumo stimato nell’ordine dei 200-300 kWh al giorno, un numero destinato ad aumentare radicalmente con il progressivo diffondersi di questa tecnologia e la sua applicazione a maggiori utilizzi.
Non sorprende che l’intelligenza artificiale risulti largamente inefficiente rispetto al cervello umano (che consuma solo 0,4 kWh al giorno anche se è impegnato nei milioni di decisioni intellettuali e muscolari anche inconsce), ma il dato che sorprende di più emerge dal confronto con altre applicazioni software tradizionali. Nel caso del processo di apprendimento la IA consuma fino a 100.000 volte di più, mentre durante la fase di inferenza tra 10 e 100 volte a seconda dei compiti richiesti. Secondo la IEA i data center consumano ogni anno il 2 percento del power con 460 Twh, pari al consumo elettrico di un paese come la Germania. Tale valore è atteso raddoppiare in due-tre anni proprio per effetto dell’intelligenza artificiale. E, contrariamente alla narrazione per cui digitale uguale immaterialità e rispetto dell’ambiente, anche queste macchine contribuiscono al surriscaldamento del pianeta.
Ad oggi il sistema informatico ha già una impronta carbonica significativa, pari al 2 percento delle emissioni globali, l’equivalente del trasporto aereo. Una dimensione che sarà destinata ad aumentare tenuto conto chiaramente che l’intermittenza è nemica dei processi di calcolo. Inoltre, l’effetto di riscaldamento determinato dall’elaborazione comporta la necessità di raffreddare i sistemi informatici. Secondo alcune stime i data Center consumano fino a 500-700 miliardi di litri d’acqua all’anno, un ammontare che è previsto aumentare a fine decade. Sicuramente ci saranno processi di ottimizzazione ed efficienza ma la dimensione di crescita del consumo è esponenziale e per larga parte ancora completamente imprevedibile.
In conclusione, l’umanità sta aggiungendo nuovi enti (non biologici) che hanno bisogno di essere sfamati (con elettricità) e dissetati. Se pensiamo ad un futuro in cui 8 miliardi di cervelli diventeranno 10 entro metà secolo, aspirando a migliorare sensibilmente le loro prospettive di esistenza, facciamo un calcolo solo parziale. A quei miliardi si aggiungeranno, infatti, milioni di cervelli artificiali che impareranno a fare di tutto. Negoziare, vendere, assisterci, fotografare, scrivere e guidare. E forse a fingere di amarci.
Chi ambisce a contenere i consumi energetici nelle prossime decadi con eroiche assunzioni di efficienza, si perde probabilmente qualche pezzo del puzzle. E dovrà probabilmente ricalibrare gli strumenti energetici che potranno soddisfare queste popolazioni biologiche elettroniche in continua crescita.
P.S.: questo articolo è stato realizzato in tre giorni con il contributo dell’intelligenza artificiale. Amplificando tuttavia il consumo energetico dello scrivente.