Cosa aspettarsi dalla prossima amministrazione Usadi

Guido Massimo DelľOmo, Andrea Adelmo Asci

Elezioni presidenziali

Cosa aspettarsi dalla prossima amministrazione Usa

di Guido Massimo DelľOmo, Andrea Adelmo Asci

La corsa presidenziale è una sfida all’ultimo voto, con la vicepresidente Kamala Harris che ha un leggero vantaggio sull'ex presidente Donald Trump a livello nazionale, mentre i candidati sono in parità negli stati in bilico.

 

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a quando il presidente Biden si è ritirato dalla corsa a luglio, l'entusiasmo degli elettori democratici è aumentato. Secondo la maggior parte dei sondaggi, la (im)popolarità di Harris prima che si candidasse era analoga a quella di Biden, con il solo 38% degli intervistati che la considerava positivamente. Attualmente, una vista media dei sondaggi mostra un leggero vantaggio della Harris su Trump a livello nazionale: circa il 48,4% contro il 46% (FiveThirtyEight). Dall'abbandono di Biden, Harris ha raccolto oltre 1 miliardo di dollari di fondi per la campagna presidenziale, mentre Trump è a circa 800 milioni. Le stime degli analisti mostrano un rinnovato sostegno da parte degli elettori di origine latina, dei giovani e degli afroamericani, riducendo i deficit nei sondaggi dei Democratici negli stati in bilico della “Sunbelt” (Carolina del Nord, Georgia, Arizona e Nevada), ma Trump è complessivamente in vantaggio in almeno tre di questi stati con margini più ampi rispetto alle elezioni del 2016 e 2020. Sebbene i sondaggi recenti sembrino favorire Harris, è opportuno ricordare come nelle elezioni del 2016 e 2020 i sondaggi a statali e nazionali abbiano sottovalutato il sostegno per Trump, con alcuni dei suoi sostenitori meno propensi a rispondere ai sondaggi. Per quanto riguarda il Congresso, l’esito più probabile – secondo analisti e osservatori - prevede un Senato repubblicano e una Camera dei Rappresentanti democratica. Il voto anticipato è già iniziato in una serie di Stati, a partire dalla Virginia, Minnesota e Dakota del Sud il 20 settembre.

 

Le agende dei candidati

 

Mentre Harris ha recentemente sostenuto diverse politiche centriste in contrasto con la sua campagna presidenziale del 2020, è probabile che adotti gran parte dell’agenda di centro-sinistra di Biden. Come candidata presidenziale nel 2020, Harris aveva sostenuto il divieto di fracking e la depenalizzazione degli immigrati clandestini che attraversano il confine statunitense. Ora, come candidata, ha cambiato alcune delle sue posizioni originali, accettando il fracking (vista anche la forte rilevanza del settore in Pennsylvania, il più importante dei 7 stati che decidono le elezioni) e sostenendo un rafforzamento del controllo delle frontiere con ulteriori finanziamenti alle agenzie di confine.

 

Harris ha promesso di governare con pragmatismo senza essere schiava dell’ideologia. Ha proposto un’agenda “America Forward” che prevede crediti d’imposta per stimolare gli investimenti e creare posti di lavoro nel settore industriale, insieme a investimenti in intelligenza artificiale, sviluppo tecnologico e transizione energetica, oltre al sostegno dei prodotti made in USA. Ha anche dichiarato che investirà nella forza industriale degli Stati Uniti per contrastare la potenza globale della Cina, supportando un credito d’imposta di 100 miliardi di dollari per rafforzare la produzione puntando su un mix energetico “diversificato”, tra cui petrolio e gas, per garantire che la produzione energetica nazionale rimanga ai livelli record. Il piano sarà finanziato da una parte dei proventi della riforma fiscale internazionale. Harris prevede inoltre di aumentare il credito d’imposta per le piccole imprese da 5.000 a 50.000 dollari. Adottando in gran parte l’approccio di Biden, ha anche proposto di aumentare le tasse sulle società e sui redditi personali superiori a 400.000 dollari. Ha posto aborto e i diritti delle donne in generale al centro della sua campagna, sottolineando il ruolo di Trump nel consolidare la maggioranza conservatrice alla Corte Suprema che ha ribaltato la sentenza “Roe v. Wade” del 1973, pietra miliare della giurisprudenza Usa sull’aborto.

 

Harris non ha ancora abbracciato una dottrina di politica estera in senso stretto, ma gli osservatori suggeriscono che adotterà un approccio basato sui diritti umani e la promozione della democrazia, il che potrebbe portare a un aumento delle sanzioni per le aziende situate in giurisdizioni con governi autoritari. Per quanto riguarda le politiche migratorie, l’amministrazione Biden-Harris ha annunciato nel giugno 2024 misure per limitare drasticamente l’accesso ai richiedenti asilo al confine quando i passaggi illegali raggiungono livelli emergenziali, dopo anni di numeri record di attraversamenti. Come candidata presidenziale Harris non ha commentato le politiche per i richiedenti asilo, ma è probabile che segua le orme di Biden, bilanciando un accesso contingentato all’attenzione ai diritti umani.

 

Una vittoria di Trump, secondo la maggior parte degli analisti, rilancerebbe una politica interna ed estera basata sull’“America First”, meno condizionata rispetto al suo primo mandato, poiché è probabile che scelga un’amministrazione di funzionari ancor più allineati del passato. In termini di politica fiscale, Trump ha inizialmente proposto di estendere i tagli del 2017, quando ha apportato modifiche sostanziali alle aliquote e alle basi dell’imposta sul reddito sia individuale che societario, riducendo in particolare l’aliquota massima per le società dal 35% al 21%. Ha poi specificato che avrebbe puntato a un’ulteriore riduzione delle tasse sulle società al 20%. Da allora ha ampliato i suoi appelli per sgravi fiscali includendo l'abolizione delle tasse sulle mance (una politica che Harris ha poi adottato), sui sussidi sociali e sui pagamenti degli straordinari, nonché l'abolizione del tetto massimo per le detrazioni fiscali statali e locali. Trump ha anche dichiarato l’intenzione di abbassare le tasse sulle imprese al 15%. Per finanziare questi tagli, gli Stati Uniti aumenterebbero i dazi sulle importazioni, includendo un dazio globale del 10%-20% e uno del 60% su tutte le importazioni cinesi. Resta da vedere se Trump aumenterà i dazi a questo livello o se usi queste dichiarazioni solo come leve negoziali. Tuttavia, le sue affermazioni indicano una tendenza a un maggiore protezionismo per incoraggiare le aziende a rilocalizzare la produzione negli Stati Uniti.

 

Per quanto riguarda la politica delle sanzioni, secondo la maggior parte degli osservatori, un’amministrazione Trump perseguirebbe un approccio più unilaterale e transazionale rispetto a Harris, concentrandosi maggiormente su obiettivi economici e meno su valori politici. Trump potrebbe probabilmente adottare alcune delle stesse strategie perseguite nel suo primo mandato, come il ritiro dalle istituzioni multilaterali, il taglio dei finanziamenti statunitensi per le organizzazioni internazionali, l’inversione di parte della politica ambientale di Biden e l’adozione di un’agenda sull’immigrazione che comporterebbe un aumento delle deportazioni di immigrati clandestini.

 

 

 

La politica energetica

 

Assumendo lo scenario più probabile delineato dai sondaggisti, con i Repubblicani che controllano il Senato e i Democratici la Camera, sarebbe improbabile che un Congresso bloccato approvi politiche significative. In effetti, è opinione diffusa che la maggiore incidenza del prossimo Presidente sullo sviluppo dell'energia green deriverà dalla gestione della legislazione e delle normative introdotte dal 2021 durante l'amministrazione Biden-Harris.
 

Le leggi approvate in questo periodo -  l’ "Infrastructure Investment and Jobs Act," l'"Inflation Reduction Act" (IRA) e il "CHIPS and Science Act" -  hanno trasformato la politica energetica degli Stati Uniti. Le tre leggi hanno destinato centinaia di miliardi di dollari per costruire infrastrutture, fornire incentivi per la produzione e l'acquisto di energia pulita e finanziare la ricerca su quest’ultima. Nessuna di queste misure sarà probabilmente completamente revocata, poiché ciascuna finanzia numerosi progetti negli Stati guidati dai Repubblicani. Tuttavia, l'implementazione da parte della prossima amministrazione determinerà quanto efficacemente e rapidamente queste misure stimoleranno la crescita dell'energia pulita.

 

Se Trump vincerà, è probabile che si concentrerà sull'annullamento delle misure dell'IRA più strettamente legate al clima (e quindi più polarizzanti), come il "Greenhouse Gas Reduction Fund" - che fornisce 27 miliardi di dollari per combattere la crisi climatica - e la nuova tassa in arrivo sulle emissioni di metano, per intervenire dopo l'aumento delle tasse sui beni petroliferi e del gas. Trump afferma che il suo obiettivo è ristabilire la "dominanza energetica" degli Stati Uniti, garantendo che il Paese abbia l'energia e l'elettricità più economiche al mondo. È probabile che enfatizzerà un approccio di deregulation, aumenterà le perforazioni petrolifere su terreni pubblici, offrirà agevolazioni fiscali ai produttori di petrolio, gas e carbone e accelererà l'approvazione di gasdotti. Trump ha espresso una forte opposizione a diverse iniziative di energia rinnovabile, sostenendo che tale fonte è inaffidabile e costosa. Ha descritto le politiche di Biden sul settore elettrico "distruttive per l'industria, i posti di lavoro, pro-Cina e anti-americane." Tuttavia, secondo diversi studi, gli Stati guidati dai Repubblicani sono quelli che hanno beneficiato maggiormente dell'IRA, portando governatori e cittadini a giudicarlo più positivamente. Per questa ragione, è improbabile che un'amministrazione repubblicana faccia un'inversione di marcia rispetto al percorso creato dall'IRA. Trump ridurrebbe comunque significativamente il coinvolgimento degli Stati Uniti nei quadri climatici multilaterali come l'Accordo di Parigi e le future COP.

 

Harris ha menzionato brevemente il cambiamento climatico delineando le "libertà fondamentali" in gioco nelle elezioni, inclusa "la libertà di respirare aria pulita, bere acqua pulita e vivere liberi dall'inquinamento che alimenta la crisi climatica." Come candidata presidenziale nel 2019, ha presentato un piano climatico da 10 trilioni di dollari che prevedeva investimenti in energia rinnovabile, responsabilizzazione degli inquinatori, assistenza alle comunità colpite dai cambiamenti climatici e protezione delle risorse naturali. Come procuratore generale della California, ha perseguito legalmente le compagnie petrolifere per violazioni ambientali. Come vicepresidente, è stata il voto decisivo al Senato per l'Inflation Reduction Act, che ha stanziato circa 370 miliardi di dollari per ridurre le emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 2005 entro la fine del decennio.

 

Se Harris prevarrà, gli analisti prevedono che la sua amministrazione si concentri sulla difesa delle norme dell'era Biden dagli attacchi legali e continui l'implementazione dei programmi finanziati dall'Inflation Reduction Act. Si prevede anche che una sua amministrazione completi le norme incompiute sui gas serra, come i limiti di emissione per i generatori di energia a gas esistenti. Inoltre, come già menzionato, Harris ha chiarito che non supporta più un divieto sul fracking (come dichiarato durante la sua breve campagna presidenziale del 2020), con il suo vicepresidente Walz che ha persino esplicitamente sostenuto una strategia "all of the above". Un'amministrazione democratica probabilmente si concentrerebbe sull'accelerazione delle autorizzazioni per i progetti di energie rinnovabili (“permitting reform”) e sull'introduzione di meccanismi di adeguamento del carbonio alle frontiere (carbon border adjustment mechanism), uno strumento politico che sta guadagnando sempre più consenso bipartisan al Congresso (sebbene rimanga incerto se sarà accompagnato da una struttura di prezzi del carbonio). Da considerare, tuttavia, come la capacità dell'amministrazione di influenzare direttamente la politica climatica sarà indebolita dalle implicazioni della recente revoca della "dottrina Chevron" da parte della Corte Suprema, che limita il potere dell'esecutivo in assenza di mandati legislativi espliciti. Detto questo, è importante sottolineare che la tendenza alla diminuzione delle emissioni pro-capite di CO2 negli USA sta progredendo in modo deciso, con una riduzione di oltre il 30% dal 1990 (- 3% nel solo 2023).

 

L’ombra di un’elezione contestata

 

Secondo gli analisti, riconteggi, contenziosi e sfide alla certificazione del voto probabilmente faranno seguito alle elezioni negli Stati Uniti, indipendentemente da chi vincerà. In caso di vittoria di Trump o Harris, è probabile che si verifichino riconteggi in almeno alcuni degli Stati in bilico che decideranno l'elezione, con la risoluzione finale che potrebbe arrivare alla Corte Suprema. Il rischio di lunghe battaglie sulla certificazione del voto e di dispute legali sull'integrità elettorale appare più alto in caso di vittoria di Harris. Trump ha già gettato le basi per contestare i risultati delle elezioni del 2024 e sta dedicando notevoli risorse legali per prepararsi a portare la battaglia in tribunale. Sebbene le affermazioni di frode di Trump nelle elezioni del 2020 siano state smentite dai tribunali e dagli osservatori elettorali di entrambi i partiti, probabilmente utilizzerà argomenti simili come pretesto per contestare i risultati delle elezioni del 2024.

 

Anche se tali sfide verrebbero alla fine risolte attraverso canali amministrativi e legali, ritarderebbero la conferma dei risultati creando un’incertezza che potrebbe durare per settimane dopo il voto

 

Mentre alcuni Democratici potrebbero opporsi alla certificazione di una vittoria di Trump, il rischio di interruzioni significative nell'amministrazione elettorale è molto più basso in caso di vittoria di Trump. I singoli Democratici potrebbero contestare la certificazione della vittoria di Trump il 6 gennaio 2025, sostenendo che non è qualificato ai sensi del 14° emendamento della Costituzione degli Stati Uniti (per il suo coinvolgimento negli eventi dell'insurrezione a Capitol Hill del 2020), ma gli osservatori politici non si aspettano che questo porti a uno sforzo concertato per bloccare la certificazione.

 

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