Ultimo numero: 61/Decarbonizing the hard-to-abate sectors
La decarbonizzazione del settore marittimodi
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La rotta verso il Net Zero

La decarbonizzazione del settore marittimo

Non esiste una soluzione unica. Le molteplici azioni collettive incentrate sulla riduzione della domanda, sull’aumento degli investimenti, sulla promozione dei carburanti alternativi e delle relative infrastrutture sono riprova dei progressi compiuti nel far fronte a questa sfida

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l trasporto marittimo è responsabile di circa il 3 percento dei gas serra (GHG) globali prodotti dall’uomo, pari indicativamente a 1 gigatonnellata di CO2 equivalente. Considerato il metodo più economico per il trasporto delle merci, facilita circa il 90 percento degli scambi a livello mondiale: ciò sottolinea quanto il settore sia essenziale nell’economia e nel commercio globale. Tuttavia, sono proprio i fattori che ne stimolano l’efficienza economica (la forte dipendenza dai combustibili fossili caratterizzata da un’alta densità energetica, il lento ricambio delle flotte e la concorrenza internazionale) a renderlo uno dei settori più difficili da decarbonizzare

 

Secondo DNV, i combustibili fossili rappresentano il 93 percento di tutti i combustibili utilizzati nelle navi attualmente operative.  Fatta eccezione per il gas naturale liquefatto (GNL), l’adozione di carburanti alternativi è connotata da una certa lentezza a causa dei costi di produzione più elevati e della carenza di infrastrutture di trasporto e stoccaggio. Inoltre, gli elevati apporti di capitale richiesti dal settore estendono i tempi di rotazione della flotta utile, di norma intorno ai 20-30 anni. Trattandosi poi di un settore interconnesso a livello globale, le aziende si trovano ad affrontare una forte concorrenza, finendo per sentirsi scoraggiate dal trasferire ai clienti i costi aggiuntivi legati all’impiego di carburanti marini alternativi. 

 

Nonostante gli sforzi compiuti per migliorare l’efficienza dal punto di vista dei carburanti, le emissioni del settore marittimo sono in aumento e a livello internazionale, regionale e portuale si stanno discutendo nuove politiche per far fronte al problema. Il presente articolo esamina i principali quadri di riferimento perseguiti dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), dall’Unione Europea (UE) e dalle autorità portuali di Singapore, portando alla luce vari percorsi possibili per la decarbonizzazione del trasporto marittimo. 

 

 

Uno sguardo globale 

Nel 2023, l’IMO – il principale regolatore del settore – ha adottato una strategia di decarbonizzazione riveduta con l’obiettivo di raggiungere l’azzeramento delle emissioni di gas serra del trasporto marittimo internazionale indicativamente entro il 2050. La strategia comprende obiettivi indicativi per il 2030 e il 2040, oltre a misure per ridurre l’intensità di carbonio e promuovere l’adozione di tecnologie a basse emissioni. Per raggiungere tali obiettivi, la strategia propone una combinazione di misure a breve, medio e lungo termine. Le politiche a breve termine, entrate in vigore nel novembre 2022, comprendono azioni tecniche e operative per migliorare l’efficienza energetica delle navi (p. es. la riduzione della velocità), che tuttavia non bastano per raggiungere lo zero netto, dal momento che la diffusione di combustibili marini alternativi deve avvenire su scala. Proprio per questo, l’IMO sta discutendo misure a medio termine che coinvolgono due componenti: lo standard di intensità dei gas serra per i combustibili marini e il meccanismo di tariffazione delle emissioni di gas serra nel settore marittimo.  

 

 

la fotoIl trasporto marittimo � responsabile di circa il 3 percento dei gas serra globali prodotti dall?uomo, pari indicativamente a 1 gigatonnellata di CO2 equivalente. Per la decarbonizzazione del settore non esiste un?unica ricetta, ma � necessario un approccio che contempli una molteplicit� di iniziative

 

 

Tali misure dovrebbero essere adottate nel 2025 e attuate a partire dalla metà del 2027. L’ultima riunione del Comitato per la Protezione dell’Ambiente Marino (MEPC) 81 dell’IMO, tenutasi nel marzo 2024, non ha prodotto alcun progresso, poiché i Paesi membri dell’IMO hanno opinioni divergenti su come andrebbero formulate queste politiche.  I negoziati proseguiranno durante la prossima riunione del MEPC, prevista per ottobre 2024. La lentezza dei progressi ha spinto alcune regioni, come l’Unione Europea, a introdurre misure regionali per la decarbonizzazione del trasporto marittimo.  

 

 

Uno sguardo a ovest 

L’UE mira a raggiungere una riduzione dei gas serra del 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050. Poiché il trasporto marittimo interno rappresenta il 3-4 percento delle emissioni totali di gas serra dell’UE, non sarebbe possibile raggiungere gli obiettivi climatici prefissati dall’Unione senza ridurre le emissioni del trasporto marittimo.  

A partire dal 2024, tali emissioni sono state inserite nel Sistema di scambio delle quote di emissione (ETS UE), il programma cap-and-trade dell’Unione Europea.  Come conseguenza, le compagnie di navigazione che utilizzano i porti europei sono tenute a monitorare e comunicare le proprie emissioni e ad acquistare e restituire quote di emissioni UE (EUA) per ogni tonnellata di emissioni di anidride carbonica (CO2) comunicate. Tuttavia, gli obblighi di restituzione per il settore marittimo vengono introdotti gradualmente: 40 percento delle quote da restituire nel 2025 (ossia per il 40 percento delle emissioni comunicate nel 2024), 70 percento nel 2026 e 100 percento dal 2027 in poi. Dal 1° gennaio 2026, tale obbligo sarà esteso a due gas serra di breve durata: il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O). Oltre il bastone, la carota: per sostenere la decarbonizzazione del settore, il Fondo per l’innovazione ha stanziato 20 milioni di quote entro il 2030 (circa 1,6 miliardi di euro, con un prezzo di 80 euro per quota).   

 

Il sistema ETS dell’UE dovrebbe aumentare il costo dell’utilizzo dei combustibili fossili e tuttavia non promuove direttamente l’adozione di combustibili alternativi - una lacuna, questa, che sarà in parte colmata dal Regolamento FuelEU Maritime che entrerà in vigore a partire dal 2025. Il Regolamento stabilisce soglie massime per l’intensità media annua di gas serra (GHG) dell’energia utilizzata a bordo delle grandi navi (oltre 5.000 tonnellate di stazza lorda) che fanno scalo nei porti europei, indipendentemente dalla bandiera issata. Tali obiettivi sono stati concepiti per garantire una graduale riduzione dell’intensità dei gas serra dei combustibili per uso marittimo, prevedendo una riduzione iniziale del 2 percento entro il 2025 fino a raggiungere l’80 percento entro il 2050. Tre sono i gas serra interessati dal sistema ETS dell’UE nell’intero ciclo di vita dei carburanti utilizzati a bordo: anidride carbonica, metano e protossido di azoto. 

 

Le navi possono conformarsi al Regolamento FuelEU utilizzando carburanti marittimi sostenibili (p. es. biocarburanti avanzati) e carburanti marittimi sintetici (p. es. carburanti rinnovabili di origine non biologica (RFNBO) come l’idrogeno a basse emissioni di carbonio). L’approccio dell’UE non è del tutto neutrale dal punto di vista tecnologico: gli RFNBO saranno conteggiati due volte, in modo da incoraggiarne l’adozione precoce. Nonostante questi sforzi a livello regionale, è improbabile che l’ETS dell’UE e il Regolamento FuelEU Maritime generino entro il 2030 la parità di prezzo tra i carburanti marini convenzionali e quelli alternativi. Ciò incoraggia i principali responsabili, come il porto di Singapore, a lanciare le proprie politiche in stretta collaborazione con l’industria del trasporto marittimo.   

 

 

Uno sguardo a est 

Singapore è un importante hub marittimo internazionale, il secondo terminal container più grande al mondo dopo Shanghai e il più grande hub di bunkeraggio al mondo dopo Rotterdam. Nel 2022, l’Autorità marittima e portuale di Singapore (MPA) ha sviluppato, di concerto col settore, il programma Maritime Singapore Decarbonisation Blueprint.  Il Blueprint prevede una tabella di marcia esaustiva per il raggiungimento dello zero netto entro il 2050 delineando sette aree di interesse.  

 

 

la fotoNel 2022, l'Autorit� marittima e portuale di Singapore (MPA) ha sviluppato, di concerto col settore, il programma Maritime Singapore Decarbonisation Blueprint

 

 

Le prime quattro si concentrano su questioni infrastrutturali e operative e fissano obiettivi specifici quali la decarbonizzazione dei terminali portuali (60 percento di riduzione dei gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005); le attività portuali nazionali (15 percento di riduzione dei gas serra rispetto ai livelli del 2021 entro il 2030 e 50 percento rispetto ai livelli del 2030 entro il 2050); la promozione dei futuri carburanti per uso marittimo (biocarburanti, metanolo, ammoniaca e potenzialmente idrogeno) e degli standard e delle infrastrutture per il bunkeraggio; e l’adeguamento del Registro navale di Singapore (SRS), per cui il 50 percento della flotta dovrà essere riconosciuta come “verde” entro il 2050. Le altre tre aree si concentrano sulla governance e sul coordinamento: il sostegno alle iniziative di definizione degli standard presso l’IMO e altri forum internazionali, la ricerca e lo sviluppo e la promozione dei talenti, nonché il sostegno alla consapevolezza e alla contabilizzazione del carbonio, oltre ai finanziamenti verdi.  

 

L’MPA ha inoltre impegnato ulteriori fondi (almeno 300 milioni di dollari) a sostegno di queste iniziative, triplicando i finanziamenti messi a disposizione per la precedente Maritime Singapore Green Initiative (MSGI), lanciata nel 2011 per ridurre l’impatto ambientale del trasporto marittimo.   

 

Singapore è poi coinvolta nel quadro del Green Shipping Corridor, avendo istituito un corridoio marittimo verde e digitale con il porto di Rotterdam e l’Australia (rispettivamente nel 2022 e nel 2024). Sebbene il concetto non sia del tutto nuovo, Song et al. suggeriscono che il Green Shipping Corridor costituisce un nuovo paradigma nella promozione del settore marittimo.  Se ben attuate, tali iniziative potrebbero consentire lo sviluppo di modelli finanziari che agevolino il trasferimento dei costi aggiuntivi dai vettori ai consumatori, nonché un piano per la condivisione dei costi e dei rischi lungo la catena del valore.  

 

 

Uno sguardo al futuro 

Nel complesso, la molteplicità di iniziative a livello mondiale evidenzia l’assenza di una soluzione unica per la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Tuttavia, le azioni collettive incentrate sulla riduzione della domanda, sull’aumento degli investimenti, sulla promozione dei carburanti alternativi e delle relative infrastrutture sono riprova dei progressi compiuti nel far fronte a questa sfida. Nel percorso di decarbonizzazione, il trasporto marittimo sembra aver compiuto maggiori progressi rispetto ad altri settori c.d. “Hard-to-abate” e fornisce preziosi insegnamenti.  

In primo luogo, per essere credibile, la strategia di decarbonizzazione deve essere completa e concentrarsi non solo sulla transizione dai combustibili fossili a quelli alternativi, ma anche sui cambiamenti infrastrutturali, di governance e sociali necessari. In secondo luogo, dal momento che non esiste un combustibile alternativo prediletto e che le tecnologie sono in rapida evoluzione, il futuro prossimo del trasporto marittimo è multicarburante. In terzo luogo, la decarbonizzazione del trasporto marittimo favorisce la creazione di nuovi partenariati tra le diverse parti interessate e le catene del valore. L’industria navale è ben conscia che servirà l’impegno di tutti per decarbonizzare il trasporto marittimo.  

 

 

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