Restrizioni e contromisure

L’imposizione di sanzioni economiche in risposta a crisi internazionali caratterizza ormai da decenni la politica estera degli Stati

L’imposizione di sanzioni economiche in risposta a crisi internazionali caratterizza ormai da decenni la politica estera degli Stati

di Federico Cecchetti

L’imposizione di sanzioni economiche in risposta a crisi internazionali ha riguardato in particolare le scelte dei paesi occidentali, che hanno fatto ricorso a questo strumento come compromesso spendibile presso le proprie opinioni pubbliche, consentendo di reagire alle tensioni globali senza il coinvolgimento diretto in azioni militari. Al contempo, vari paesi oggetto di sanzioni hanno aumentato negli anni la propria capacità di risposta alle restrizioni imposte da USA e alleati, tramite l’adozione  di contromisure e altre azioni di coercizione economica. Tra le implicazioni principali di questa tendenza vi è la crescente commistione tra sanzioni e restrizioni commerciali, che sono applicate sia nei  confronti di determinati settori che di specifici beni, favorendo un progressivo allentamento delle regole del libero scambio. In particolare, le crescenti limitazioni agli scambi economici tra stati non allineati in materia di politica estera stanno generando una frammentazione delle catene del valore, specie in settori considerati strategici per la sicurezza nazionale come la difesa o lo sviluppo di tecnologie avanzate. Questo ha caratterizzato soprattutto le relazioni tra le due principali economie globali, Cina e Stati Uniti, contribuendo ad un aumento generalizzato dell’attenzione dei paesi alle proprie strategie in materia di sicurezza economica.

 

In questo contesto, l’attuale predominanza cinese sulle terre rare desta particolare preoccupazione in varie capitali occidentali, anche alla luce dell’esperienza maturata a seguito della decisione della Russia di interrompere i flussi di gas verso l’Unione Europea (UE) dopo l’invasione dell’Ucraina, che ha evidenziato i rischi di una mancata diversificazione degli approvvigionamenti. La dipendenza da Pechino potrebbe infatti rappresentare un elemento di debolezza in caso di potenziale escalation nei rapporti tra Cina e occidente, dato il ruolo cardine di tali minerali critici nella transizione energetica. Sul punto, la IEA prevede che la domanda di grafite, litio e cobalto crescerà tra le venti e le quaranta volte entro il 2045.

 

L’azione di Ue e Usa...

 

Al fine di mitigare i rischi legati a uno scenario di deterioramento nelle relazioni tra Cina e occidente, l’azione di UE, USA e alleati si è concentrata ad oggi in una duplice direzione: da una parte, l’introduzione di strumenti regolatori volti ad aumentare i requisiti per l’import ed export di beni afferenti a catene del valore considerate “critiche” (imponendo, ad esempio, limitazioni al controllo da parte di soggetti cinesi in aziende operanti in determinati settori strategici); dall’altra, l’adozione di incentivi per incrementare la capacità di produzione domestica di terre rare e minerali critici e lo sviluppo di pratiche di economia circolare, promuovendo inoltre una più stretta collaborazione su questi temi tra paesi alleati. Nel suo complesso, questa strategia mira a ridurre l’attuale livello di dipendenza dalle produzioni cinesi, limitando gli incentivi per il Governo cinese ad introdurre restrizioni commerciali su questi beni.

 

Un recente esempio delle implicazioni di una maggiore attenzione occidentale al tema dei minerali critici e delle terre rare è quello della decisione USA dello scorso dicembre di escludere progressivamente dagli incentivi fiscali ai sensi dell’Inflation Reduction Act (IRA) i veicoli elettrici costruiti con componenti o materiali forniti da aziende legate a Russia, Nord Corea, Iran e, appunto, Cina (definite “foreign entity of concern”). Tale misura impatta direttamente il ruolo delle esportazioni cinesi di litio e grafite nello sviluppo delle batterie elettriche, anche nei casi in cui tali batterie siano prodotte da aziende occidentali in joint venture con aziende cinesi a partecipazione maggiore del 25 percento. Esistono altresì diversi quadri normativi e istituzioni dedicate, sia in UE che negli USA, volte ad assicurare la resilienza delle catene di approvvigionamento “sovrane”. Questi agiscono in particolar modo tramite il monitoraggio (Critical Raw Materials Act, UE; White House Council on Supply Chain Resilience, USA) e talvolta il contrasto (Anti-Coercion Instrument, UE; Comitato sugli Investimenti Esteri - CFIUS, USA) alle misure di paesi terzi che favorirebbero il trasferimento di tecnologie critiche, o limiterebbero l’accesso ai materiali necessari a settori centrali per le economie occidentali, specialmente nell’ambito

della transizione ecologica e digitale.

 

 

…e la controffensiva cinese

Da parte sua la Cina non è rimasta a guardare.Nel luglio 2023, il Ministero del Commercio cinese (MOFCOM) aveva introdotto requisiti di licenza di esportazione per due minerali critici, gallio e germanio, ampiamente utilizzati in numerosi settori strategici – tra cui veicoli elettrici, microchip e pannelli solari. Dal 1° dicembre 2023, inoltre, Pechino ha imposto controlli formali sulle esportazioni di tre articoli di grafite altamente sensibili, che in precedenza erano anche stati soggetti a misure temporanee di controllo delle esportazioni. Queste decisioni segnalano indirettamente l’alto grado di consapevolezza da parte di Pechino sul ruolo strumentale delle proprie produzioni nei rapporti con l’occidente, mostrando un crescente attivismo da parte del MOFCOM in tema di restrizioni commerciali. Seppure appaia prematuro valutare l’impatto delle restrizioni commerciali occidentali e delle relative contromisure cinesi sul futuro del commercio delle terre rare, è interessante notare come vari operatori attivi nel settore delle energie rinnovabili in UE abbiano già espresso un certo grado

di preoccupazione: lo scorso novembre, raccogliendo il sostegno di oltre 430 entità del settore dell’energia solare, l’associazione di categoria Solar Power Europe ha inviato una petizione ai legislatori europei sottolineando i rischi dell’imposizione di misure restrittive sui materiali critici provenienti dalla Cina. Secondo i firmatari, tali misure potrebbero causare gravi danni alla transizione energetica e generare la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro nel settore.

 

I reali effetti delle azioni occidentali, tuttavia, dipenderanno in larga misura dall’intensità delle misure adottate, dalla postura cinese in merito alle sue esportazioni di materiali critici, nonché dal crescente coinvolgimento di Pechino in un numero sempre maggiore di progetti di estrazione in giro per il mondo, ad esempio in Africa e America Latina.