L’onda di idrogeno verdedi Emanuele Bianco
54

Clima

L’onda di idrogeno verde

di Emanuele Bianco

Ha un grande potenziale in termini di riduzione delle emissioni di CO2, soprattutto nei settori hard to abate. Ma perché l’idrogeno prenda piede sono necessarie politiche industriali tempestive, soprattutto sul lato della domanda

12 min

L

’idrogeno verde è stato ospite frequente delle conversazioni sulla transizione energetica sin dal 2019. Se si guarda indietro, la cosa non sorprende granché: il mondo sta affrontando una crisi climatica e, in risposta al preoccupante avvertimento del “Rapporto speciale sul riscaldamento globale di 1,5°C” dell’IPCC del 2018, sempre più nazioni si sono impegnate a raggiungere lo zero netto di emissioni di anidride carbonica (CO2). Tuttavia, raggiungere una profonda decarbonizzazione delle economie richiederà sforzi coordinati e ampi in tutti i settori economici. È essenziale che si apportino cambiamenti fondamentali e trasformativi al modo in cui produciamo e consumiamo energia, oltre che ai sistemi socioeconomici sottostanti. Per la transizione energetica è necessario che si passi in maniera significativa dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabile (p. es. solare ed eolica), nonché ad una maggiore efficienza energetica e all’ampia elettrificazione degli utenti di energia, compresi i trasporti e il riscaldamento/raffreddamento degli edifici. Eppure, non tutti i settori possono passare dall’utilizzo di combustibili fossili all’elettricità.

 

I settori dell’acciaio, del cemento, dei prodotti chimici, dei trasporti a lunga distanza, dei trasporti via mare e dell’aviazione sono tra quelli difficili da elettrificare (poiché è difficile abbattere le emissioni); l’idrogeno verde può costituire l’anello di congiunzione mancante tra tali settori e la produzione di elettricità rinnovabile, un fenomeno crescente e sostenibile. Di conseguenza, scenari zero netto come lo Scenario 1,5°C del World Energy Transitions Outlook di IRENA attribuiscono all’idrogeno verde un ruolo da protagonista, sebbene con livelli di penetrazione significativamente diversi. Comprendere il legame tra idrogeno verde e settori in cui è difficile abbattere le emissioni (c.d. “hard-to-abate”) è stata la scintilla da cui è scoppiato il crescente interesse per questo gas, spostando l’attrattiva nell’uso dell’idrogeno dalle applicazioni distribuite (automobili, caldaie, celle a combustibile) a quelle più centralizzate, come le grandi industrie.

 

 

Gli ostacoli al pieno sviluppo

L’idrogeno verde dovrà superare molti altri ostacoli per realizzare il suo pieno potenziale. Gli investimenti sono intralciati dalla poca chiarezza sulla domanda di idrogeno verde e i governi potrebbero non essere propensi a finanziare una tecnologia senza conoscere espressamente il rapporto costi-benefici e la strategia aziendale. Gli investitori potrebbero pensare che queste iniziative siano troppo rischiose, perché in fatto di idrogeno verde non esiste né una chiara politica pubblica né un’effettiva domanda.

 

Le industrie siderurgiche e le industrie chimiche di base hanno consumato 87 Mt di idrogeno grigio nel 2020: l’idrogeno verde può aiutare a ridurre sostanzialmente le loro emissioni. Tuttavia, queste industrie mostrano ancora una certa lentezza nel decarbonizzare i propri processi. I prodotti verdi più costosi entrerebbero in competizione con le opzioni grigie consolidate più economiche (in particolare nei settori ad alta intensità di capitale con margini di profitto bassi) in una realtà in cui i consumatori sono scarsamente incentivati ad acquistare prodotti verdi e gli appalti pubblici di beni si focalizzano in primis sulla compressione dei costi.

 

Serve un approccio politico integrato per superare la resistenza iniziale e raggiungere una soglia minima di penetrazione del mercato: la previsione è che una nuova ondata di politiche sosterrà l’idrogeno verde.

Come precisato nell’iniziativa IRENA “Green Hydrogen for Industry: A guide to policy making”, il processo decisionale relativo all’idrogeno verde sarà sostanzialmente diverso dagli altri insiemi di politiche per la transizione energetica. Alcune di queste differenze sono già visibili: per esempio, le strategie relative all’idrogeno stanno divenendo una caratteristica ricorrente dei paesi che intendono muovere i primi passi in questo settore, al contrario di quanto avvenuto per i settori solare ed eolico, per i quali i documenti strategici non erano così diffusi. Circa 60 paesi stanno redigendo o hanno pubblicato documenti strategici sull’idrogeno entro settembre 2022 (rispetto a 1 solo paese nel 2018).

 

la fotoWesseling, Germania. Ventilatori accanto all’impianto di elettrolisi dell’idrogeno presso la raffineria di idrogeno verde di Wesseling.

 

Le strategie riguardanti l’idrogeno sono il risultato di un lungo processo e segnano l’inizio di una nuova ondata di politiche. Non esistendo un formato o uno standard concordato per l’elaborazione di una simile strategia, tra le varie elaborate in merito dai paesi è possibile trovare documenti molto dettagliati recanti descrizioni esaustive dei settori nazionali coinvolti nell’idrogeno, nonché molte misure che il governo intende adottare e documenti di visione che comprendono impegni futuri di alto livello.

Rispondere a domande come “perché stiamo investendo nell’idrogeno” e “perché in questi settori” nonché “quando” è una finalità piuttosto comune delle strategie: in tal senso, la modellazione degli scenari in genere le correda di informazioni, spesso con la partecipazione di figure accademiche e dell’industria.

 

Solitamente una strategia definisce obiettivi a medio e a lungo termine (che possono assumere forme variegate), fissa il livello di ambizione che orienterà il lavoro nelle fasi successive e presenta una serie di misure per sostenere la crescita locale del settore dell’idrogeno verde. La strategia copre specifiche politiche dirette, tra cui politiche di integrazione e abilitazione che sono necessarie per garantirne l’attuazione in tutto il sistema. Le misure più comuni introdotte finora nelle strategie sono i meccanismi finanziari, che includono sovvenzioni e prestiti, sgravi fiscali, contratti per differenza di carbonio e aste bilaterali (come il progetto H2Global in Germania).

 

Inoltre, un aspetto interessante delle misure presentate nelle strategie per l’idrogeno e, in alcuni casi, già intraprese dai paesi è il (ri)emergere della politica industriale, definibile come la varietà di interventi politici volti a orientare e controllare il processo di trasformazione strutturale di un’economia.

 

 

La rinascita delle politiche industriali

Sebbene fosse una pratica comune nel secondo dopoguerra, la politica industriale iniziò a perdere consensi verso la fine del XX secolo, essendo percepita come una maniera inefficace per il governo di esercitare il controllo sul settore privato. Tuttavia, in molte parti del mondo si è assistito a una “rinascita” della politica industriale come conseguenza della necessità di una ripresa economica dopo la crisi finanziaria del 2008. Sono svariati gli obiettivi sociali conseguiti negli ultimi anni attraverso la politica industriale (o “politica industriale verde”), tra cui la necessità di passare ad economie a basse emissioni di carbonio per accelerare le transizioni energetiche. Lo sviluppo della politica industriale è stato particolarmente efficace nel sostenere le industrie “neonate”, ovvero quei settori che ancora non riescono a competere con gli incumbent. L’idrogeno verde si adatta perfettamente a questa descrizione ed è quindi un buon candidato per una politica industriale dedicata, soprattutto ora che vi è una maggiore consapevolezza di quanto ciò sia importante per operare un cambiamento strutturale.

Pianificare la transizione faciliterà l’attuazione dei processi di profonda decarbonizzazione

Tra gli esempi di (ri)adozione della politica industriale per la transizione energetica si annovera la recente US Defense Production Act Presidential Determination statunitense, che sostiene le industrie legate alla transizione energetica (compresi i produttori di elettrolizzatori) con fondi dedicati per la creazione di una catena del valore a livello locale. Un’ulteriore prova è l’emergere di strategie di decarbonizzazione industriale, recentemente adottate nel Regno Unito e negli Stati Uniti; dal canto suo, la Germania prevede di introdurre a breve delle strategie settoriali. Le strategie di decarbonizzazione industriale illustrano l’entità delle sfide legate alla decarbonizzazione e propongono dei modi per affrontarle, riflettendo le specificità dei settori industriali del paese e generando un vantaggio comparato. È importante sottolineare che tali sforzi dovrebbero puntare a una svolta nella tecnologia che riduca la possibilità per i futuri asset incagliati relativi ai combustibili fossili e alle emissioni di divenire bloccati. Pianificare la transizione faciliterà l’attuazione dei processi di profonda decarbonizzazione e allineerà le azioni di investitori e aziende con quelle del pubblico.

 

L’approccio di svolta può includere anche il divieto o l’eliminazione graduale delle tecnologie che si basano sui combustibili fossili nei settori hard-to-abate: inserire nella lista nera determinate tecnologie entro un lasso di tempo coerente con il clima può dare spazio a soluzioni decarbonizzate. In alternativa, un vincolo sulle quote potrebbe generare una domanda stabile di idrogeno verde, riducendo così il rischio di prelievo.

 

la fotoAssia, Francoforte sul Meno. Il nuovo treno a idrogeno del tipo Coradia iLint prodotto da Alstom.

 

 

Ultimo, ma non meno importante, attraverso la politica industriale si può garantire una costante e significativa domanda di idrogeno verde: gli appalti pubblici sostenibili (che fungerebbero da motore iniziale e coerente della domanda di prodotti e materiali rispettosi dell’ambiente) e le quote di materiali verdi sono due strumenti politici capaci di favorire il conseguimento di questo obiettivo e, insieme, di gettare le basi per lo sviluppo del mercato dei materiali verdi, attualmente inesistente.

 

Le misure illustrate finora non sono idee inverosimili e sono tutte presenti in diverse strategie pubblicate riguardanti l’idrogeno; tuttavia, la loro effettiva adozione tarda ad arrivare. I paesi sviluppati (e in particolare i membri del G7) hanno adottato degli strumenti finanziari, ma hanno veicolato la maggior parte dell’attenzione sul lato dell’offerta, il che significa supportare i primi elettrolizzatori.

 

 

Urgono interventi tempestivi

I decisori politici devono tradurre in realtà l’impegno di far uscire l’idrogeno verde dalla nicchia per proiettarlo nel mainstream; a tal fine, sarà essenziale allineare gli sforzi dal lato dell’offerta con quelli dal lato della domanda, dando la priorità ad azioni dirette ai grandi consumatori di idrogeno, capaci di creare la domanda di partenza per il futuro upscale. Sarà importante non smorzare gli sforzi che tentano di introdurre l’idrogeno verde nei settori in cui la decarbonizzazione è ottenibile in modo più economico ed efficiente attraverso l’elettrificazione diretta. Infine, i decisori politici dovranno (ri)orientare il proprio stato d’animo verso la politica industriale se intendono tutelare e sostenere un’industria nascente che sostanzialmente favorirà la lotta al cambiamento climatico. Vero è, però, che le risorse industriali durano a lungo e che le industrie sono inestricabilmente intrecciate con la società, fornendo occupazione e ricchezza. Con l’avvicinarsi del 2050, data-obiettivo per il clima, qualsiasi ulteriore ritardo complicherà le transizioni industriali. Questi fattori richiedono un intervento tempestivo e adeguato da parte dei decisori politici, invitati ad agire nell’immediato per garantire le transizioni energetiche industriali.