Africa connessadi Gianfranco Belgrano
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TELECOMUNICAZIONI

Africa connessa

di Gianfranco Belgrano

È un continente che corre veloce, che ha voglia di sperimentare e che è lontano anni luce dalle certezze e dalle lentezze delle zone più ricche del pianeta. Un palcoscenico ideale per acceleratori tecnologici e startup di ogni tipo

15 min

G

uardare dal finestrino del TER la città di Dakar che scorre davanti ha il pregio di offrire uno spaccato d’Africa che può essere preso a mo’ d’esempio di un insieme complesso e differente. TER è l’acronimo di Train Express Regional, una linea ferroviaria a doppio binario che collega da poco la capitale del Senegal a Diamniadio. Qui è stata pensata l’espansione della città, non più possibile nella stretta penisola che adesso ospita il cuore di Dakar e che è anche il punto più occidentale dell’Africa continentale. Diamniadio ospiterà sedi ministeriali, zone residenziali e già vede operativi una struttura polivalente da 15 mila posti (Dakar Arena), il Centre International de Conférences Abdou Diouf, che lo scorso marzo ha ospitato il World Water Forum, e uno stadio da 50 mila posti. Davanti al finestrino del TER scorrono allo stesso tempo più Afriche: quella più nota all’Occidente, povera e indaffarata, che si arrangia vendendo mercanzie di ogni genere; quella moderna che si vede nelle transazioni con i telefonini, negli auricolari senza fili dei più giovani, nelle auto moderne che sfidano la calca di mercati rumorosi e profumati di spezie. Fermare in un’istantanea questa scena non sarebbe possibile: sarebbe troppo rapida per qualunque obiettivo. E questo vale per l’Africa nella sua interezza: impossibile bloccarla in una foto, spiegarla in una immagine. È un’Africa che corre veloce, che è sempre più connessa, che ha voglia di sperimentare e che è lontana anni luce dalle certezze e dalle lentezze delle zone più ricche del pianeta. Un palcoscenico ideale per acceleratori tecnologici e startup di ogni tipo che spingono a definire l’Africa un continente di innovazione organica.  

Il salto della rana, concetto tante volte ripreso facendo riferimento al suo equivalente inglese “leapfrogging”, è davvero qualcosa che si tocca nel concreto in Africa. Tanto che a volte se ne resta meravigliati. Capita così di visitare un sito archeologico in Sudan, un sito secondario magari, e di pagare il biglietto di ingresso attraverso un terminale pos tirato fuori da dentro un cassetto polveroso. E mai si sarebbe scommesso che quel cassetto ospitasse un pezzo di tecnologia in grado di far pagare e stampare il titolo per visitare i resti delle antiche civiltà che abitavano le zone attorno alle piramidi di Meroe.  

In effetti, le tecnologie applicate alla telefonia mobile possono essere considerate il primo “salto della rana” che ha avuto un impatto profondo sulle economie e sulle società africane. In pochi anni, partendo dai contesti urbani, si è passati dai vecchi telefonini a una presenza abbastanza estesa degli smartphone. Se è vero che i contesti rurali sono ancora un’altra storia, è altrettanto vero che servizi di money transfer utilizzabili anche attraverso i vecchi cellulari hanno fatto sì che fossero fruibili servizi finanziari e di pagamento senza dover passare da banche e carte di credito.  

Africa is a “mobile” region 

Secondo l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) delle Nazioni Unite, la copertura cellulare mobile in Africa è stimata quasi al 90 percento. Al contrario, il tasso di penetrazione degli abbonamenti alla rete fissa è basso, principalmente a causa dell’assenza di infrastrutture e in considerazione dei costi relativamente inferiori dell’infrastruttura a banda larga wireless. Nel 2019 (prendiamo come riferimento l’anno prima della pandemia) risultavano collegati alla rete fissa 0,5 abitanti ogni 100, una cifra ben al di sotto della media globale di 14,8. Nello stesso anno, nei 39 Paesi del continente presi in esame dalla ITU, gli abbonamenti di telefonia mobile erano invece, in media, 80,1 ogni 100 abitanti, ma in 17 stati erano molto più di 100 e anzi in 14 di questi anche superiori alla media mondiale (Seychelles, Sudafrica, Botswana, Mauritius, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Marocco, Tunisia, Mali, Namibia, Senegal, Algeria, Capo Verde). Gli abbonamenti alla banda larga mobile erano 32,1 ogni 100 abitanti, contro una media mondiale di 75, superata però da ben nove Paesi africani: Sudafrica, Ghana, Algeria, Gabon, Seychelles, Botswana, Mauritius, Tunisia, Capo Verde. 

Interessante da questo punto di vista il rapporto del Centro Studi Tim “Digitalizzazione e sviluppo economico: il caso Africa, una valutazione empirica”. Nel rapporto si osserva che il talento tecnologico in Africa non solo ha raggiunto un picco storico, ma continua a crescere. Il continente conta quasi 700 mila sviluppatori professionisti, oltre il 50 percento dei quali vive concentrato in cinque mercati: Egitto, Kenya, Marocco, Nigeria e Sudafrica. Questa crescita dell’ecosistema informatico, uscito da canali di formazione sia formali che informali, ha spinto gli imprenditori locali a sviluppare competenze trasversali essenziali per il lancio e la gestione di startup, stimolando la domanda di dipendenti in grado di affrontare le differenze culturali e linguistiche tra i mercati regionali.  

Un’ampia analisi econometrica condotta a livello mondiale dal centro studi di Tim ha mostrato la correlazione tra la penetrazione della banda larga e lo sviluppo economico, evidenziando un impatto maggiore della banda larga mobile (MBB) nei paesi meno sviluppati rispetto alla banda larga fissa (FBB). Applicando lo stesso metodo a livello regionale tra 34 Paesi africani, gli autori notano un’incidenza economica del 2,5 percento sul PIL per ogni aumento del 10 percento della penetrazione della MBB, equivalente a un contributo di 277,7 miliardi di dollari nel 2019 e di 1.120 miliardi di dollari per il periodo complessivo 2010-2019. Il Nord Africa è la regione del continente in cui la banda larga ha l’impatto economico più importante, mentre, in termini di singoli Paesi, capolista è il Sudafrica

la foto

Dalla rivoluzione digitale a quella energetica  

Tale rivoluzione - perché di questo si tratta - è partita dalle reti mobili ma ha aperto la strada a ulteriori implementazioni, un’onda lunga che sembra molto lontana dal fermarsi e che ha il vantaggio di dare risultati molto concreti. Ciò appare evidente nel campo dell’energia e gli esempi sono tanti. Uno degli esperimenti più riusciti in ambito rurale è quello che viaggia lungo il binario delle rinnovabili, portate nei centri produttivi, più che nelle case, con formule di prepagamento ancora una volta collegati ad applicazioni mobili. 

A Gitaza, in Burundi, Laurence ha installato due frigoriferi e ha cominciato a vendere gelati. Il suo spirito di iniziativa ha portato frutti, il suo reddito è cresciuto. Come Laurence, si sono dati da fare anche gli altri 121 commercianti del mercato situato sulle rive del lago Tanganica, una trentina di chilometri a sud di Bujumbura. La svolta è arrivata grazie all’arrivo della corrente elettrica nell’ambito di un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e condotto sul campo dall’Istituto per la cooperazione universitaria (ICU), un’organizzazione non governativa italiana. L’accesso all’energia ha trasformato in breve tempo la vita di questa comunità di pescatori che si trova lungo la strada che dal Burundi arriva in Tanzania. In questo villaggio oggi è possibile conservare il pesce, ma anche altri prodotti che qui arrivano e che prima sarebbero andati a male nel giro di poche ore o giorni. Al termine del progetto i benefici riguarderanno almeno 100 mila persone. La particolarità di questa iniziativa rispetto ad altre simili è l’aver deciso di portare l’energia tramite mini-reti locali non alle abitazioni ma al centro commerciale; se portare la corrente elettrica in un’abitazione implica dei benefici limitati a quella dimensione, portare la corrente elettrica nelle aree produttive e commerciali consente di avere con immediatezza una crescita economica e sociale molto più incisiva, di cui godono comunque tutti. L’uso dei pannelli solari unito ad altre innovazioni, come i contatori smart e i sistemi di pagamento via telefonino della corrente consumata (l’accesso all’energia non è gratuito ed è gestito dalla utility nazionale), mostrano chiaramente le opportunità di sviluppo oggi possibili grazie alla tecnologia

la fotoImprenditrice agricola africana che utilizza un tablet per il monitoraggio delle verdure. 

Un ventaglio di opportunità 

Il link tra sviluppo delle reti mobili, accesso all’energia e money transfer è chiaro ma non esaurisce l’insieme delle opportunità che si sono aperte. Così se è vero che l’Africa in pochi anni da continente meno bancarizzato del mondo è diventato l’avanguardia del denaro mobile, ci sono diversi altri fronti che lungo questo percorso si sono man mano sviluppati. Il Fintech è sicuramente uno di questi ed è un ambito che sta attirando consistenti investimenti esteri. Sudafrica, Egitto, Nigeria, Ghana e Marocco sono i paesi che più degli altri stanno vedendo nascere realtà più o meno grandi, alcune delle quali sono riuscite a raggiungere significativi spazi di attenzione al livello internazionale. Di recente, la società nigeriana Flutterwave si è assicurata un finanziamento da 250 milioni di dollari, soldi che saranno usati per trasformare il modo in cui gli africani effettuano transazioni nel continente sostenendo la crescita del business, dell’innovazione e del panorama tecnologico. Ma c’è anche chi come il Rwanda - con il sostegno di MyGrowthFund Venture Partners dell’uomo d’affari sudafricano Vusi Thembekwayo - è andato oltre lanciando il primo fondo africano esclusivamente dedicato agli investimenti in startup fintech africane, con un capitale iniziale di 50 milioni di dollari.  

Il Rwanda d’altra parte ha fatto dell’innovazione una delle sue bandiere e ha visto l’inaugurazione del primo hub africano della Fondazione Norrsken, fondo di investimento svedese che offre spazi di co-working alle startup intente a muovere i loro primi passi. 

Lo spazio è in grado di ospitare 250 imprenditori, che arriveranno a 1.000 entro dicembre 2022. 

Oltre le criptovalute 

Tra le tecnologie con impatti significativi e andamenti in decisa crescita c’è poi la blockchain. Andando oltre le criptovalute, che delle piattaforme blockchain sono uno dei frutti, il potenziale di funzioni e applicazioni di questa tecnologia in settori che traggono vantaggio dalla sua natura di software open source è rilevante. Alcune compagnie internazionali specializzate nell’offerta di soluzioni tramite blockchain hanno già scelto di lavorare con governi e istituzioni africane. Grazie alla blockchain del progetto Atala Prism di Cardano, per esempio, cinque milioni di studenti in Etiopia avranno i loro documenti di identità e i loro risultati scolastici archiviati in sicurezza. Il governo etiopico ha firmato un accordo per creare un database anagrafico nazionale di studenti e insegnanti di 3.500 scuole utilizzando una soluzione di identità digitale decentralizzata. Si tratta di uno dei più grandi accordi di blockchain mai firmato da un governo e la sua importanza trascende il settore scolastico. L’identità digitale è assente nella maggior parte dei Paesi africani e può essere invece il primo passo verso una vera inclusione finanziaria, che a sua volta ha dimostrato di portare una serie di altri vantaggi. 

La blockchain potrebbe inoltre facilitare i contratti e le registrazioni catastali. In Africa occidentale e in Kenya questa tecnologia ha già consentito prime verifiche dei registri immobiliari e delle transazioni, e un accesso ampliato al credito in alcuni settori dell’economia in precedenza informali.  

la fotoDue scienziate al lavoro in un laboratorio di Johannesburg, Sudafrica. 

L’intelligenza artificiale 

Soluzioni di intelligenza artificiale hanno iniziato a fare capolino in due settori tanto travagliati quanto essenziali, cioè sanità e agricoltura. Il settore della sanità è uno dei più promettenti, secondo il rapporto Foresight Africa 2020 di Brookings. L’intelligenza artificiale può aiutare il personale e le strutture sanitarie a fare di più con meno risorse, automatizzando alcune attività. Si parla di accelerare l’elaborazione iniziale dei dati, il triage, la diagnosi e il follow-up post cura. MinoHealth AI Labs, in Ghana, applica l’intelligenza artificiale alle radiologie grazie a un database di immagini e al deep learning per il riconoscimento di ernie, tumori e polmoniti. 

Poi c’è l’agricoltura. Anche questo settore sta sperimentando l’aiuto offerto dall’intelligenza artificiale, per esempio nel caso delle malattie delle colture. Un esempio è offerto dalla società camerunese Agrix Tech. Gli agricoltori, grazie alla app installata su licenza nel proprio telefono, scansionano un campione di una pianta malata e scoprono quali soluzioni possono adottare. L’intelligenza artificiale può anche aiutare gli agricoltori a usare meglio le risorse idriche, come fa il progetto ormai rodato di Ibm Ez-Farm, che, tramite dei sensori, raccoglie dati per monitorare la salute delle colture e fornisce indicazioni sull’irrigazione. 

La corsa però è ancora lunga. Dei 32 Paesi africani che hanno risposto a un sondaggio Unesco del 2020, solo 21 hanno considerato questa tecnologia come una priorità nei loro piani di sviluppo nazionale. E oltre a policy e investimenti servono buone pratiche; in Africa manca ancora una generalizzata cultura dei dati (e la normativa necessaria per proteggerli) e in molti casi i dati stessi, senza i quali l’intelligenza artificiale non può funzionare.